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Cartine

Carta altimetrica

Carta altimetrica
Morfologicamente il Salento meridionale si presenta come un alternarsi di aree pianeggianti, variamente estese, separate da rilievi scarsamente elevati, denominati Serre. Le serre, sviluppatesi essenzialmente in direzione NO-SE raggiungono la quota massima presso Parabita sulla Serra di S. Eleuterio (195 mt.); è però verso l'estremità della Penisola Salentina che questi rilievi, essendo particolarmente estesi e ravvicinati, costituiscono l'elemento caratteristico del paesaggio, tanto da dare alla zona il nome di Murge Salentine.

L'origine delle Serre salentine è collegata a grandi eventi tettonici che interessaronon il Salento tra il Cretaceo Superiore (65 milioni di anni fa) ed il Pleistocene inferiore (1 milione e mezzo di anni fa). L'attività tettonica si manifestò con una serie di faglie che dislocarono le rocce di età compresa tra il Cretaceo ed il Miocene, determinando un sollevamento delle aree corrispondenti alle attuali Serre ed il realtivo abbassamento delle aree interposte.

Per ulteriori informazioni consultare la pagina sulla geografia.

Carta costiera

Dolmen e menhir nel Salento
Il litorale del Salento leccese è in buona parte costituito da coste basse e sabbiose, sia lungo la fascia ionica che su quella adriatica, anche se le differenze morfologiche tra i due versanti sono notevoli.

Sull'Adriatico, la spiaggia è continua, ampia e sabbiosa, chiusa alle spalle da cordoni dunari e giace su un basamento roccioso che affiora di tanto in tanto. Tra S. Foca e Otranto si alternano spiagge e costa rocciosa. Sul Canale d'Otranto le spiagge sono praticamente assenti e le falesie, alte fino a più di 100 metri, si tuffano direttamente nel mare. Sul versante ionico le spiagge tornano ad essere ben estese tra Torre Vado e Torre S. Giovanni. All'altezza di Gallipoli sono presenti due spiagge fortemente falcate, bordate da un cordone di dune alte 4/5 mt.

Tra le spiagge più conosciute ci sono quelle sabbiose di Pulsano, Lizzano, Campomarino, San Pietro in Bevagna nel tarantino, Porto Cesareo, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, Otranto nel leccese e Ostuni nel brindisino. Per quanto riguarda le coste rocciose, tra le più notevoli meritano citazione Castro, Santa Caterina, Santa Cesarea Terme e Porto Badisco.

Carta dei mari

Carta dei Mari
Il Salento è bagnato per tre lati dal mare: Mar Ionio da Torre Colimena a Leuca, Mar Adriatico da Casalabate a Otranto; oltre questa città, verso sud, si dovrebbe parlare ancora di Mar Ionio ma una consuetudine alquanto radicata tende a spostare il limite dell'Adriatico fino a Leuca (questo tratto viene comunemente chiamato Canale d'Otranto).

In effetti questi tre litorali sono distinguibili anche per le caratteristiche batimetriche e biocenotiche. Lo Ionio presenta una piattaforma continentale poco estesa (cioè, raggiunge il suo limite, fissato convenzionalmente a -200 mt., a pochi Km di distanza dalla costa.

Al contrario l'Adriatico presenta fondali inizialmente più ripidi che poi degradano più dolcemente verso le massime profondità del Canale d'Otranto. Il massimo di pendenza della piattaforma continentale si raggiunge proprio da Otranto a Leuca, un tratto di costa alta e rocciosa con falesie che si immergono direttamente nel mare, senza tratti di spiagge sabbiose.

Carta geolitologica

Carta geolitologica
L'esame della carta geolitologica del Salento evidenzia la vasta diffusione di rocce carbonatiche: dai calcari di colore grigio o avana che affiorano come scogli ("li cuti"), a quelli miocenici (di età compresa tra i 17 ed i 6 milioni di anni), tra cui la ben nota Pietra Leccese, o le calcareniti (impropriamente dette "tufi") di età pleistocenica (circa 1 milione di anni).

Naturalmente la morfogenesi carsica avveniva in concomitanza con altri processi geomorfologici, per cui le forme attuali sono il risultato di queste interferenze. Basti pensare ai canaloni costieri di Porto Badisco e del Ciolo (Gagliano del Capo), dove il carsismo si è incrociato con processi erosivi fluviali e con gli effetti delle variazioni del livello del mare.

Nella penisola salentina i processi carsici si sono verificati in più riprese, quando la regione subiva per cause tettoniche o climatiche periodiche emersioni. La corrosione del calcare ad opera dell'acqua avviene a causa dell'anidride carbonica disciolta in essa. Questo gas, proveniente dall'atmosfera, conferisce all'acqua un certo grado di acidità e provoca l'attacco e la dissoluzione dei carbonati.

Grotte, doline e vore

Le rocce nel Salento
Le rocce del Salento, come quelle di gran parte della Puglia, sono state soggette, nel corso di milioni di anni, ad un particolare insieme di fenomeni, noti come carsismo. Questi processi hanno modellato le rocce, producendo una grande varietà di forme che, sebbene individuabili solo con un'attenta osservazione del territorio, costituiscono un patrimonio di grande rilievo. Le manifestazioni carsiche più note sono sicuramente le grotte, ma rientrano nel novero delle formazioni carsiche anche le cavità di pochi centimetri che "bucherellano" una roccia, oppure le ben più grandi doline.

Le doline sono forme carsiche superficiali di notevoli dimensioni (da poche decine ad alcune centinaia di metri), conche chiuse con perimetro subcircolare.

Il fondo delle doline è generalmente ricoperto da depositi terrosi e talora accade che esso sia topograficamente più basso rispetto alla falda idrica, che così affiora creando limitate aree palustri. Un'altra forma tipica, e forse meno nota, del carsismo salentino è quella degli inghiottitoi o vore. Si tratta di voragini naturali entro le quali confluiscono, specie in coincidenza di forti eventi piovosi, i pochi e temporanei corsi d'acqua salenini. Le vore sono caratterizzate dall'avere il tratto iniziale sub-verticale.

Probabilmente ciò è dovuto al fatto che, quando l'acqua trova una via d'accesso al sottosuolo, per raggiungere la zona freatica (dove le cavità sono permanentemente riempite di acqua), segue la via più breve, che è quella verticale. Una volta raggiunta tale zona l'acqua scorre orizzontalmente: una sorta di fiume sotterraneo alimentato da spettacolari cascate. Si pensi, infatti, che il tratto verticale delle vore e spesso di alcune decine di metri!

Dolmen e menhir

Dolmen e menhir nel Salento
Oscuri testimoni del tempo, i megaliti custodiscono gelosamente buona parte dei misteri che li hanno accompagnati nei millenni. Sulle loro origini e funzioni l'uomo contemporaneo, così lontano per mentalità e per costumi dal modo di concepire l'esistenza dei suoi predecessori, riesce solo ad azzardare alcune ipotesi.

Abbandonata l'idea che il fenomeno megalitico si sia espanso geograficamente a macchia d'olio partendo da un unico centro di diffusione, si è oggi più propensi a ritenere che questo singolare utilizzo della pietra abbia avuto origine e si sia sviluppato autonomamente in ogni cultura. Sul reale significato e sulle funzioni sociali e rituali dei megaliti poco ci è dato di sapere: la fantasia popolare, nel corso del tempo, li ha ammantati di un'aura di mistero e di occulto: le fiabe narrano di fate danzanti sui lastroni di copertura dei dolmen mentre, per la corte di Artù e per Rolando il Paladino i megaliti furono punto di riferimento e desco.

Anche dopo l'avvento del Cristianesimo, i riti pagani legati ai megaliti persistettero tanto che la Chiesa, per limitarne il culto, passo' dai semplici editti "antieretico" alla loro cristianizzazione tramite incisioni di croci o altri simboli cristiani, trasformandoli in "Osanna" e quindi in luoghi di pellegrinaggio, dove a Pasqua si issavano rami di olivo, con un rito che ancora oggi è praticato in numerose località salentine.

Tra le possibili ipotesi sulle funzioni dei dolmen, quella che li interpreta come tumuli funebri pare essere avvalorata dal ritrovamento di resti di scheletri nei pressi di alcuni. Circa il significato di questi monumenti si sono avvalorate diverse ipotesi. I megaliti potrebbero rappresentare dei veri e propri "trionfi", antesignani degli archi e degli obelischi che i grandi del passato vollero per immortalare le proprie gesta. L'orientamento delle aperture dei dolmen e delle facce più larghe dei menhir (allineati in genere lungo l'asse E - W) farebbe invece pensare a riti legati al culto del dio Sole.

I Dolmen

I dolmen (dal bretone dol=tavola e men=pietra), pur rispettando uno schema strutturale di base, presentano diverse tipologie costruttive. Generalmente sono costituiti da tre o quattro lastre litiche infisse verticalmente nel terreno; su queste viene poggiata una lastra che funge da apertura. L'orientamento dell'apertura è sempre verso Oriente. La funzione svolta dai domen non è ancora conosciuta con certezza. A riguardo sono state avanzate delle ipotesi che li vogliono monumenti funebri o luoghi dediti a riti sacrificali.

I Menhir

I menhir (dal bretone men=pietra e hir=lunga) o "pietrefitte" sono parallelepipedi ricavati da un unico blocco di roccia (monolite). Essi recano spesso incisioni o sono modellati in forme particolari, tanto da rendere lecite le interpretazioni che li vogliono, di volta in volta, simboli fallici, monumenti funebri, segnali di confine di un territorio. L'orientamento delle facce più larghe, esposte rispettivamente ad Est e ad Ovest, e la collocazione di alcuni di essi lungo la direzione dei raggi del sole nei giorni di solstizio ed equinozio, potrebbero essere indizio di un rapporto con il culto degli astri e con i riti ad essi legati.

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